Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?

Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?

Omelia: Pe. Saturnino Gomes, SCJ :: 29 Ottobre 2015

Come vivere questa parola?

Subito dopo averci così fortemente provocati con questa domanda, Paolo porta la prova che Dio stesso si fa garante del fatto che niente e nessuno può essere contro di noi. Egli infatti, "non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi." È come se dicesse: Più in là non avrebbe potuto andare, totalizzando così ciò che riguarda l'amarci. Chiaro, dunque, di inequivocabile evidenza: Dio ci dà tutto, proprio ogni cosa che conta, che sia buona e abbia valore, insieme col dono per eccellenza che è il Figlio Suo. Siamo infinitamente ricchi, ma di quella ricchezza che, poiché viene da Dio e a Lui appartiene, niente e nessuno potrà mai intaccare. Ed ecco Paolo identificare qual è la causa e la sostanza stessa della ricchezza: l'Amore di Cristo. Da questo Amore niente e nessuno potrà mai strapparci. E Paolo esemplifica: "Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?" La risposta è incontestabile. Proprio contro queste cose, che a un'ottica solo terrena sembrano difficoltà insormontabili, noi riusciamo a ottenere un'esorbitante vittoria. Qual è il 'segreto'? In fondò è semplice: agisce in noi la forza di Colui che è "il Dio con noi, il Dio per noi".

Paolo ci assicura che «L'amore di Dio, che è in Cristo Gesù» è una forza così travolgente, una catena così avvolgente, che nessun potere creato potrà mai infrangerla.           

Facciamo il nostro esame di coscienza. E noi, persone credenti, come viviamo questa Parola nelle nostre situazioni difficili della vita? Con fede e coraggio, oppure con impazienza?

Contro tutte le difficoltà e tentazioni che ci vorrebbero separare dall'Amore di Dio, non dobbiamo scoraggiarsi, perché l'Amore di Dio è con noi. Alle volte, nella nostra vita di sacerdoti, consacrati e laici sentiamo dei gravi problemi personali, pastorali e comunitari. Che fare? Nella preghiera personale e comunitaria potremo meglio questo Amore che si manifesta nell'Eucaristia, nei sacramenti e nella Chiesa. 

Il vangelo ci fa sentire il contesto minaccioso e pericoloso in cui Gesù viveva e lavorava. Erode, così come aveva ucciso Giovanni Battista, vuole uccidere Gesù.

Il linguaggio di Gesù è spesso permeato di sottili allegorie, non sempre di immediata comprensione per noi non assuefatti a quello stile. Erode, che sta tramando contro di lui, viene definito "una volpe" per designare la sua astuzia malvagia. Dichiara poi che egli, nonostante le minacce e il reale pericolo deve compiere la sua missione e ha bisogno di tre giorni. Anche qui il Signore sottintende quanto avverrà dopo la sua morte; egli risorgerà dopo tre giorni. E' il tempo che intercorre tra la morte e la vita. Egli sta compiendo miracoli e prodigi che anticipano quell'evento.

Gesù non ha paura di quel furbastro di Erode perché non ragiona allo stesso modo, vive in un'altra dimensione, abita in un altro luogo interiore. Erode è un politico: calcola; esercita il potere, si prende per Dio. Gesù no, lui è Dio e il suo unico potere è l'amore. Il Maestro vuole compiere un gesto, l'ultimo, il più drammatico e scandaloso, il dono di sé definitivo e sconcertante. Lo farà per amore, lo farà perché Gerusalemme, e noi, siamo duri di cuore, incontentabili, duri di cervice e non sappiamo riconoscere la visita di Dio e se la riconosciamo, obiettiamo che questo Dio non ci aggrada. Quando capiremo chi è davvero Dio? Dio è una chioccia che voleva raccoglierci sotto le sue ali, Dio di tenerezza e di misericordia, senza malizia, e che ora è disposto a morire per manifestare la sua vera natura. Dio è evidente, appeso nudo su una croce. Questa è la misura dell'amore di Dio per noi. Sentirci amati ci fa amare e diventare persone nuove.

Nonostante il clima ostile che deve respirare nella città santa, Gerusalemme, Gesù ci fa ascoltare il suo lamento accorato nei confronti di quella città e dei suoi abitanti: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».

C'è un contrasto terribile tra le cure riservate a quella città e l'ingratitudine e la violenza con cui hanno risposto agli inviati dal Signore. È sempre grave il peccato in ogni sua forma, ma quello dell'ingratitudine ad un amore di predilezione è sicuramente particolarmente doloroso. È il peccato dei prediletti, di un popolo e di una città, che solo per scelta divina dovevano brillare di luce e di grazia e avrebbero dovuto accogliere l'Atteso delle genti come il dono più grande che si potesse desiderare. Invece anche dinanzi al Figlio di Dio continua l'ostilità e già sono in atto trame di morte. Siamo invitati ad un attento esame di coscienza per non cadere nel tremendo errore di ricambiare con l'ingratitudine l'infinito amore che è stato riversato nei nostri cuori.

Il segno di Dio non viene riconosciuto dai suoi.

Il Regno di Dio passa nel segno della storia umana attraverso tutte le occasioni: quelle contrarie mostrano la superiorità del Regno come assoluto e libero da ogni vincolo della storia, pur immerso in essa. Quelle favorevoli, spesso non accolgono in profondità e non colgono l'occasione della grazia operata in esse: per questo, il segno diventa segno del Regno che entra e recupera la dimensione dell'accoglienza, dell'orientamento della storia.

Alcune domande per la nostra riflessione personale:

1.Gesù dà al potere politico il significato di volpe. Il potere politico dei nostri paesi merita questa definizione? I nostri politici cattolici sono consapevoli della loro responsabilità e missione nella società odierna?

2.Gesù cercò molte volte di convertire la gente di Gerusalemme, ma le autorità religiose resistevano. E noi, quante volte resistiamo col nostro peccato?

3. Gesù visita la nostra storia, la nostra comunità, la nostra vita. Siamo aperti alla sua presenza o rimaniamo distratti con le nostre cose?