Il combattimento spirituale

Il combattimento spirituale

LETTURE: Ef 6, 10-20; Sal 143; Lc 13, 31-35.

 

Omelia - 27 ottobre 2016

 

1. Il combattimento spirituale

          

«Gli appelli, contenuti nella liturgia di ieri, alle necessità di un combattimento per restare nei sentieri di un'obbedienza libera e creativa alla volontà del Padre, vengono oggi rilanciati dalla voce robusta di san Paolo, che interpreta il cammino dei discepoli come una vera e propria battaglia, da assumere con estrema lucidità. Bisogna indossare «l'armatura di Dio per poter resistere  alle insidie del diavolo» (Ef 6,11) ed entrare in un campo di guerra dove i nemici sono «i dominatori di questo mondo tenebroso» e «gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» (6,12) (Fr. Roberto Pasolini).

S. Paolo parlando del combattimento spirituale utilizza  per analogia il linguaggio della guerra, parlandoci di una armatura. Analizziamo bene in cosa consiste questa armatura:

CINTURA, importante è mettere una cinta sul vestito lungo in modo da non inciampare durante il lavoro. I romani mettevano la cinta sui fianchi perché teneva insieme i vestiti e serviva per agganciarvi l’armatura. Abbiamo quindi la cintura che corrisponde alla “verità” e quale è la verità? E’ la Parola di Dio, questo è il primo elemento importante e necessario per combattere il buon combattimento. Luca 12,35 dice: “i vostri fianchi siano cinti”

CORAZZA della giustizia, naturalmente non la giustizia umana ma quella di Dio, una giustizia che solo Dio ci può dare e questa corazza rappresenta la fede e l’amore. 1 Tessalonicesi 5,8 dice: “ma noi, che siamo del giorno, siamo sobrî, avendo rivestito la corazza della fede e dell’amore, e preso per elmo la speranza della salvezza”. Quindi come la corazza di un soldato gli proteggeva il petto dagli attacchi del nemico così la vita di santificazione (preghiera, sacramenti, spiritualità) e giustizia protegge il cuore del credente contro gli assalti del nemico.

CALZARI per gli orientali, i sandali rappresentano buone notizie. Il credente deve essere pronto ad annunciarla agli altri. Romani 10,15 dice: “E come predicheranno se non son mandati? Siccome è scritto: Quanto son belli i piedi di quelli che annunziano buone novelle!

SCUDO, lo scudo nell’armatura di un soldato romano era fatto di legno ed era ricoperta di lino e pelle per assorbire le frecce incendiarie. In questo modo proteggeva anche gli altri pezzi dell’armatura. Quindi lo scudo è la fede, come a dire che la fede può fermare e spegnere tutti i dardi infuocati. Avere fede in Dio significa non temere nulla, non avere paura delle difficoltà. Avere lo stesso scudo che aveva Abramo, la sua stessa fede, quella fede che lo rendeva pronto a sacrificare suo figlio, certo che la promessa di Dio, di avere una generazione, non sarebbe venuta meno (cf.  Ebrei 11,17-19).

ELMO è la nostra salvezza, avere il nostro sguardo rivolto verso la meta che dobbiamo raggiungere. La 1 Tessalonicesi 5,8 dice: “ma noi, che siamo del giorno, siamo sobri, avendo rivestito la corazza della fede e dell’amore, e preso per elmo la speranza della salvezza”

SPADA è la Parola di Dio, attraverso la Sua Parola possiamo attaccare il male, correggere gli errori. Ebrei 4,12: “Perché la parola di Dio è vivente ed efficace, e più affilata di qualunque spada a due tagli, e penetra fino alla divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolle; e giudica i sentimenti ed i pensieri del cuore”. I credenti hanno bisogno di questa “spada” per combattere gli assalti del maligno così come fece Gesù quando fu tentato nel deserto.

I Padri del deserto ci insegnano che questo combattimento si vince con la preghiera, il digiuno, la fede, la speranza e la carità. In questo mese del Rosario, guardiamo Maria, nostra Madre che ci aiuta a vincere il maligno, e con la preghiera quotidiana del rosario potremo vincere molte battaglie, come ci ricorda la storia.

 

            2. l'Atteso delle genti è Gesù

 

Il linguaggio di Gesù, secondo lo stilo proprio orientale, è spesso permeato di sottili allegorie, non sempre di immediata comprensione per noi non assuefatti a quello stile. Erode, che sta tramando contro di lui, viene definito una volpe per designare la sua astuzia malvagia. Dichiara poi che egli, nonostante le minacce e il reale pericolo deve compiere la sua missione ed ha bisogno di tre giorni. Anche qui il Signore sottintende quanto avverrà dopo la sua morte; egli risorgerà dopo tre giorni. E' il tempo che intercorre tra la morte e la vita. Egli sta compiendo miracoli e prodigi che anticipano quell'evento.

Non dimentico però del clima ostile che deve respirare nella città santa, Gerusalemme, Gesù ci fa ascoltare il suo lamento accorato nei confronti di quella città e dei suoi abitanti. C'è un contrasto terribile tra le cure riservate a quella città e l'ingratitudine e la violenza con cui hanno risposto agli inviati dal Signore. È sempre grave il peccato in ogni sua forma, ma quello dell'ingratitudine ad un amore di predilezione è sicuramente particolarmente doloroso. È il peccato dei prediletti, di un popolo e di una città, che solo per scelta divina dovevano brillare di luce e di grazia e avrebbero dovuto accogliere l'Atteso delle genti come il dono più grande che si potesse desiderare. Invece anche dinanzi al Figlio di Dio continua l'ostilità e già sono in atto trame di morte. Siamo invitati ad un attento esame di coscienza per non cadere nel tremendo errore di ricambiare con l'ingratitudine l'infinito amore che è stato riversato nei nostri cuori.

 

Ormai, quasi alla fine del mese di ottobre, ringraziamo la presenza di Gesù nella nostra vita. Usando le parole di S. Paolo, cerchiamo di essere suoi "ambasciatori", portando a tutti la gioia del vangelo, Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

 

P.Saturino da Costa Gomes, scj