Chiamato dalla misericordia

Chiamato dalla misericordia

Pontificio Collegio Portoghese

OMELIA – 21 settembre 2017

LETTURE:  Ef 4, 1-7.11-13; Sl 18 (19); Mt 9, 9-13

 

Il Discorso della Montagna occupa i capitoli 5, 6 e 7 del vangelo di Matteo. La parte narrativa dei capitoli 8 e 9 ha lo scopo di mostrarci come Gesù metteva in pratica ciò che aveva appena insegnato. Nel Discorso della Montagna, lui insegna l’accoglienza (Mt 5,23-25.38-42.43). Ora lui stesso la mette in pratica accogliendo i lebbrosi (Mt 8,1-4), gli stranieri (Mt 8,5-13), le donne (Mt 8,14-15), i malati (Mt 8,16-17), gli indemoniati (Mt 8,28-34), i paralitici (Mt 9,1-8), i pubblicani (Mt 9,9-13), le persone impure (Mt 9,20-22), etc. Gesù rompe con le norme ed i costumi che escludevano e dividevano le persone, cioè con la paura e la mancanza di fede  e dice chiaramente quali sono le esigenze di coloro che vogliono seguirlo. Devono avere il coraggio di abbandonare molte cose  per diventare disponibili per il Regno di Dio.

La chiamata a seguire Gesù. Le prime persone chiamate a seguire Gesù sono quattro pescatori, tutti giudei (Mt 4,18-22). Ora, Gesù chiama un pubblicano, considerato peccatore e trattato come un essere impuro dalle comunità più osservanti dei farisei. Negli altri vangeli, questo pubblicano si chiama "Levi". Qui, il suo nome è "Matteo", che significa dono di Dio o dato da Dio. Le comunità, invece di escludere il pubblicano e considerarlo impuro, devono considerarlo un Dono di Dio per la comunità, poiché la sua presenza fa sì che la comunità diventi un segno di salvezza per tutti! Come i primi quattro chiamati, così pure il pubblicano Matteo lascia tutto ciò che ha e segue Gesù. Seguire Gesù comporta l’obbligo di rompere con molte cose. Matteo lascia il banco delle tasse, la sua fonte di reddito, e segue Gesù! E' un uomo coraggioso e aperto alla volontà del Maestro.

            «Ogni volta che il Signore Gesù chiama un uomo o una donna a seguirlo accade qualcosa di misterioso. Ogni chiamata custodisce in sé un mistero: il mistero della gratuità con cui il Signore invita qualcuno alla sequela; il mistero del tempo e del luogo di una chiamata; il mistero della risposta dell'uomo. (...) Se guardiamo onestamente alla nostra esperienza, dobbiamo ammettere che vedere Gesù rivolgere l'invito alla sequela a uno scomunicato, un uomo così lontano dal mondo religioso a cui siamo abituati, crea in noi un vero sconcerto... Lo spazio in cui risuona la chiamata è tutt'altro che religioso: è un luogo profano, anzi un luogo di "peccato", di ingiustizia e di prevaricazione (questo era lo stile di vita che caratterizzava i pubblicani come Matteo)» (Messa e Preghiera Quotidiana, settembre 2017, EDB, pp.220-221).

            Il Cuore di Gesù, pieno di misericordia e di gioia, viene all'incontro di ogni persona, in particolare dei peccatori. Gesù ascolta la domanda dei farisei ai discepoli e risponde loro con determinata chiarezza. Gesù esplicita e chiarisce la sua missione tra la gente: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori". Gesù nega la critica dei farisei, non accetta i loro argomenti, poiché nascevano da una falsa idea della Legge di Dio. Lui stesso invoca la Bibbia: "Misericordia voglio e non sacrifici!"

Una grazia incontenibile l’incontro di Gesù con Matteo, che diventa immediatamente segno e testimonianza di speranza. Gesù si era seduto alla tavola di Matteo, ora Matteo accompagna i suoi amici, i peccatori come lui, a sedersi alla mensa di Gesù. Matteo rinato, ha immediatamente e naturalmente moltiplicato la sua esperienza, ne ha fatto cibo per i suoi amici, peccatori come Lui. La sua chiamata si è trasformata in cento, mille chiamate, e così l'esperienza del perdono ha coinvolto il Signore in un'opera ancor più grande. Matteo fonte di misericordia, amato da Gesù ne diviene l'amico, il fratello e lo conduce sui passi della sua vita, della sua storia, a diffondere la stessa misericordia.

 

Oggi, non possiamo dimenticare una tappa della vita di Papa Francesco. Infatti, nella festa di San Matteo dell'anno 1953, il giovane Jorge Bergoglio sperimentò, all’età di 17 anni,  la presenza amorosa di Dio nella sua vita. In seguito ad una confessione, si sentì toccare il cuore ed avvertì la discesa della misericordia di Dio, che con sguardo di tenero amore, lo chiamava alla vita religiosa, sull'esempio di Sant'Ignazio di Loyola.

Il motto del Santo Padre Francesco è tratto dalle Omelie di San Beda il Venerabile, sacerdote (Om. 21; CCL 122, 149-151), il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di San Matteo, scrive: “Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me” (Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi).

Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina ed è riprodotta nella Liturgia delle Ore della festa di San Matteo. Essa riveste un significato particolare nella vita e nell'itinerario spirituale del Papa. Una volta eletto Vescovo, S.E. Mons. Bergoglio, in ricordo di tale avvenimento che segnò gli inizi della sua totale consacrazione a Dio nella Sua Chiesa, decise di scegliere, come motto e programma di vita, l'espressione di San Beda miserando atque eligendo, che ha inteso riprodurre anche nel proprio stemma pontificio. E Mons. Bergoglio tutte le volte che veniva a Roma, abitava nella Casa del Clero, in via della Scrofa. E così lui andava sempre a contemplare il quadro della vocazione di san Matteo di Caravaggio, conservata nella Cappella Contarelli, della Chiesa di San Luigi dei Francesi, a pochi passi di questa residenza sacerdotale.

E tutti sappiamo come è dentro del cuore del Papa i doni della vocazione, della missione e della misericordia.

 

            Gesù chiamò Matteo per essere suo apostolo ed evangelista. Gesù pure ha chiamato ciascuno di noi: come sacerdoti, religiosi, laici, perchè ci ama veramente e ci ha consegnato una missione nella Chiesa, nonostante i nostri peccati. Ringraziamo il dono della vocazione e cerchiamo di viverla con amore profondo e totale dedizione, con l'intercessione di S. Matteo.

 

 

                                                                   P.Saturino da Costa Gomes, scj