Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina

Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina

 

Omelia:: 26 novembre 2015

 

Letture: Dan 6, 12-28; Dn 3, 68-74; Lc 21, 20-28

            Quant’è importante che siamo riconosciuti come profeti di pace, operatori di pace che invitano gli altri a vivere in pace, armonia e rispetto reciproco! Possa l’Onnipotente toccare i cuori di coloro che perpetrano questa violenza e concedere la sua pace alle nostre famiglie e alle nostre comunità”  (Papa Francesco, Incontro Ecumenico e Inter-religioso, Nairobi (Kenya), 26 nov.2015).

                Ci avviciniamo agli ultimi giorni dell'anno liturgico e nelle letture che ci vengono proposte prevalgono le realtà ultime della vita.

               

Prima lettura

Daniele attraversa il tempo e continua a raccogliere in sé saggezza, giovinezza, intelligenza, fede ineccepibile. La fantasiosa ed edificante narrazione che la liturgia ha scelto oggi ce lo presenta alle prese con l'invidia dei cortigiani del re Dario, che per metterlo in difficoltà inventano un editto che vieta ogni forma di preghiera e di adorazione che non sia rivolta al re. Il re è amico di Daniele e lo metterebbe addirittura al suo posto, tanto ha fiducia in lui. Eppure firma questo editto e senza volere, diventa il persecutore dell'amico. Perché Daniele si è sempre mantenuto fedele al Dio dei suoi padri e, nonostante la fidata collaborazione con re Dario, non è mai venuto a compromessi con la sua vita da credente. Viene logicamente scoperto in adorazione del suo Dio e la punizione per i contravventori dell'editto è terribile: trovarsi in una fossa con leoni affamati.

Daniele scende nella fossa carico della forza che gli viene da Dio e della autorevole superiorità che lo distanzia dai cortigiani. La graziosa fantasia del racconto ce lo dimostra capace di ammansire quei leoni affamati (che sono un'ottima rappresentazione dei cortigiani violenti e invidiosi) e di uscire indenne dalla fossa, nella quale troveranno la morte, invece, gli stessi artefici dell'inganno. Rendendo felice re Dario, che riacquista l'amico e con lui la fede in un Dio che servito con perseveranza, salva dalla morte!

 

Vangelo

Il linguaggio apocalittico, presente nel vangelo di Luca, che conosciamo perché ampiamente usato dall'evangelista Giovanni, era molto in voga al tempo di Gesù: attraverso una serie di immagini iperboliche e fantasiose gli autori volevano richiamare l'attenzione del lettore per aprirla ad una particolare visione della realtà. Così Luca si serve di questo linguaggio per parlare degli ultimi tempi, della pienezza che sta per arrivare. È straordinaria la sua visione: davanti al caos di eventi catastrofici, di guerre, di carestie, di instabilità politica, Luca invita i suoi fratelli ad alzare lo sguardo. La fine del mondo non è una tragedia ma la manifestazione definitiva della tenerezza di Dio sugli uomini. Il mondo non sta precipitando nel caos ma nelle braccia di un Padre che tutti vuole accogliere e salvare.

 Vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (v.28)    

Collocata verso la fine del vangelo di Luca, quest'affermazione di una liberazione che risulta certa e vicina all'uomo di tutti i tempi perché è la vera liberazione da ogni male, suona davvero come un canto di vittoria. E non può, se creduta con piena apertura di cuore, lasciarci nel dubbio e nella grigia rassegnazione.

E' Gesù "il Figlio dell'uomo" , perché Figlio di Dio e della carne di Maria, che con la potenza della sua morte e risurrezione ci ha aperto il passo alla liberazione. Si tratta della liberazione dal peccato ogni volta che ricorriamo alla forza della sua grazia e della liberazione da eventi catastrofici finali.

Noi che desideriamo credere e vivere ogni giorno coerentemente a questa fede in Gesù morto e risorto, possiamo e dobbiamo risultare, tra gli altri, come uomini veramente liberi. E chiediamo al Principe della pace che questo dono inestimabile sia una realtà in Europa e in tutte le regioni del mondo.

 E ascoltiamo la voce di un dottore della Chiesa (S.Ambrogio):

«Su queste nubi viene il Cristo, viene su una nube nel Cantico dei Cantici, su una nube serena, rifulgendo della letizia di uno sposo (cf Ct 3,6,11), viene anche su una nube leggera avendo preso carne dalla Vergine (cf Is 19,1): e il profeta l'ha veduto venire da Oriente come una nube. E giustamente ha chiamato nube leggera colei che non era appesantita da manchevolezze terrene».

 In mezzo a tutto questo che sembra la fine di tutto, quale sarà la nostra risposta?

«La risposta la troviamo all'inizio della prima lettura: «Alcuni uomini accorsero e trovarono Daniele che stava pregando e supplicando il suo Dio» (6,12). Ciò che può ammansire dentro di noi e attorno a noi quanto invece rischierebbe altrimenti di ucciderci, è la preghiera! Sembra saperlo persino il re, nel momento stesso in cui è costretto a far getttare Daniele nella fossa dei leoni: «Quel Dio, che tu servi con perseveranza, ti possa salvare» (6,17). La preghiera mantiene il nostro cuore in un attegiamento di fede nei confronti di Dio, che, per la sua profondità, si comunica agli animali irrazionali e persino alle cose inanimate, tanto che tutto ciò che ci può fare del male può trasformarsi in un mezzo e un'occasione per sperimentare ancora più "vicina" la liberazione» (Lc 21, 28 (fratel MichaelDavide).

 Un’altra risposta sarà non  cadere nel pericolo delle idolatrie, delle schiavitù come ci ricorda Papa Francesco: “Non cadere mai nell’idolatria delle immanenze e nell’idolatria delle abitudini» e puntare invece «sempre oltre: dall’immanenza guardare la trascendenza e dalle abitudini guardare l’abitudine finale, che sarà la contemplazione della gloria di Dio». Con la certezza che se «la vita è bella, anche il tramonto sarà tanto bello» (Omelia, Santa Messa, 13 novembre mattina, nella cappella della Casa Santa Marta” .

Magari possiamo noi alla fine dell'anno liturgico e a pochi giorni del nuovo anno liturgico centrare la nostra vita in Dio. Con la preghiera potremo vincere tutte le angoscie, le paure, combattere il male che è dentro e fuori di noi, lottare contro le invidie nella Chiesa e nella società, insomma lasciarsi convertire dalla misericordia divina. Cerchiamo di fare un piccolo programma per il nostro Avvento, siamo concreti nelle cose della nostra vita.

Chiediamo allo Spirito Santo la forza per vivere l’Avvento in un atteggiamento di totale fiducia e speranza in Dio che guida la storia. E che Maria Santissima sia il nostro modello di disponibilità alla volontà del Signore.

 

P.Saturino da Costa Gomes, scj